La teologia narrativa di papa Francesco by Gian Enrico Rusconi

La teologia narrativa di papa Francesco by Gian Enrico Rusconi

autore:Gian Enrico Rusconi [Rusconi, G.E.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Anticorpi
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2017-02-14T16:00:00+00:00


La teologia sensibile alla teodicea

Metz intitola il suo contributo, nel volume sopra citato a cura di Willi Oelmüller, Invito ad una maggiore sensibilità della teologia per la teodicea e sviluppa la sua tesi in un linguaggio di non facile traduzione. Ma è importante seguire questo sforzo semantico. Non si tratta infatti semplicemente di «narrare» la vicenda sacra senza sottoporla agli schemi della teologia «sistematica», ma di reinventare quasi un linguaggio e un modo di esprimersi. Metz parla di «Leiden an Gott versus Leiden in Gott», che può essere approssimativamente tradotto «sofferenza al cospetto di Dio versus sofferenza in Dio». «Si tratta della questione di come si deve parlare in modo conciso e puntuale di Dio dinanzi alla storia del dolore del mondo, che è anche il suo mondo; è in gioco la possibilità della teologia tout court. In ogni caso l’oggettività del discorso su Dio non deve essere mai fatto alle spalle delle esperienze del dolore umano. Vale l’idea di fondo del logos della teologia narrativa, anamnetica e pratica, in cui almeno tendenzialmente viene meno la distinzione kantiana tra una teodicea autentica e una dottrinaria» (126).

Come si vede, non è un discorso di facile e immediata comprensione, ma dobbiamo sforzarci di capire la prospettiva di Metz, cui preme contrapporre la teologia al mito. «Chi ascolta il discorso teologico della risurrezione di Cristo in modo da non sentire più in esso il grido del crocefisso, allora non fa teologia ma mitologia, non ascolta il vangelo ma un mito del vincitore» (127-128). Un mito cui corrisponde una terapia consolatoria, grazie alla quale non ci sarebbero più sofferenze dell’uomo che non trovino una consolazione. Occorre invece respingere ogni palliativo e mantenere forte e costante il grido e l’invocazione: Dio, dove sei quando soffro?

Metz introduce quindi la dimensione escatologica: Israele è stato un popolo escatologico, un popolo del ricordo e dell’attesa, un popolo «pieno di grida». Escatologica è stata anche la prima cristianità. Oggi è Auschwitz che ripropone la dimensione escatologica che la teodicea deve fare propria.

A questo punto l’autore critica retrospettivamente Agostino che, dinanzi al male e al dolore del mondo, si è preoccupato esclusivamente di addossarne la colpa all’uomo, alla sua libertà. «La sua enfatica dottrina del libero arbitrio risponde soltanto ad un obiettivo apologetico: l’apologia del Dio creatore». In polemica con Pelagio, Agostino si è preoccupato di non dare spazio alla razionalità dell’uomo, ma nel contempo ha attribuito alla libertà del peccare l’inaudita conseguenza dell’entrata del male nel mondo, compresa la sua stessa caducità fisica. Il peccato ha acquistato così la capacità di rovinare l’opera divina della creazione. In realtà – prosegue Metz – queste premesse contraddicono i principi stessi della dottrina teologica della libertà. «Dal momento che la libertà dell’uomo non è autonoma ma teo-noma, resa cioè possibile da Dio, non può essere fatta responsabile in ultima istanza della storia della sofferenza del mondo; la questione riporta a Dio e alla sua sovranità» (133). A partire da qui si affollano altre domande: come ha potuto Dio «consentire» il peccato di



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